La comunicazione assertiva
Dopo esserci occupati dei concetti di autostima e di autoefficacia, dedichiamo qualche osservazione a quell’atteggiamento della persona che si definisce “assertività”, perché il rapporto tra queste tre categorie è molto stretto, come vedremo in seguito.
L’assertività consiste nella capacità di una persona di esprimere liberamente i propri sentimenti e le proprie emozioni di fronte agli altri, nonché di rappresentare i propri diritti, senza creare conflitti. Tale condizione differenzia l’atteggiamento aggressivo da quello assertivo. Occorre chiarire subito che l’essere aggressivo, passivo o assertivo non costituisce certo una scelta; piuttosto si tratta di un vissuto interno, di una gamma di sentimenti che hanno a che fare con il modo in cui un soggetto si pone di fronte agli altri, frutto di una storia personale che inizia nella prima infanzia.
Ciascuno di noi costruisce alcuni importanti riferimenti in base ai quali sceglie, decide e, soprattutto, costruisce per sé un certo modello del mondo.
Un soggetto passivo soffre di sentimenti d’inferiorità, si ritiene meno valido del prossimo e poco degno di stima. In particolare, non si percepisce come titolare di diritti, tanto meno quelli di esprimere pubblicamente emozioni e sentimenti, cosa che gli procura disagio più che soddisfazione. Quindi, possiamo definire il passivo come “etero referenziale”, in altri termini come colui che, provando sentimenti di dipendenza, colloca presso gli altri i propri riferimenti (ha un locus of control esterno) mettendo in atto una sorta di alienazione.
Al contrario, un soggetto aggressivo, che può mostrare apertamente il proprio atteggiamento o mascherarlo con il sarcasmo o altre forme di svalutazione, è indebitamente auto-referenziale ed ego centrato: prova sentimenti di superiorità e non pone attenzione a dire apertamente ciò che pensa del prossimo, alla presenza di quest’ultimo, contrabbandando la svalutazione per sincerità e le critiche più severe e ingiustificate per “analisi”. Un soggetto assertivo ha un pregiudizio positivo sul prossimo, nel senso che quest’ultimo è degno di stima fino a prova contraria; esprime liberamente emozioni e sentimenti, moderando giudizi e opinioni; risolve problemi, è ragionevole e non conflittuale.
Il passivo e l’aggressivo sono, per opposti motivi, problem maker; l’assertivo è un problem solver. Se recuperiamo i concetti di autostima e autoefficacia, scopriamo facilmente in che modo queste sono collegate con la dimensione passività-aggressività-assertività. Alla base del sistema si pone l’autostima: quando eccessiva e mal riposta, questa diviene il serbatoio di convinzioni di superiorità; quando insufficiente, comporta un obbligato percorso verso la passività e la dipendenza. In entrambi i casi, produce l’inefficacia relazionale.
Quando sia solida e ben riposta, l’autostima genera assertività e autoefficacia.